Studio Cataldi: notizie giuridiche e di attualità Roberto Cataldi
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Introduzione - Il fascino del potere

Il fascino del potere - Capitolo introduttivo
Sventurata la terra che ha bisogno di eroi. (Brecht 1938-39,634)

 Definire il potere nei suoi molteplici aspetti ed esplorarne i confini, vaghi e indefiniti, è un'operazione estremamente complessa, perché richiede un'analisi di fenomeni che attengono da un lato all'universo delle pulsioni, cioè delle forze e delle mete inconsce dell'animo umano, e dall'altro alle dinamiche del sistema sociale e alla sua organizzazione. Seguendo questo doppio itinerario, insieme affascinante e terribile, veniamo condotti sino a un luogo in cui lo studio della parola potere ci porta a capire la trasformazione - anzi la distorsione - del suo significato. Come infatti evidenzia una sintetica definizione contenuta nel dizionario di Bobbio, Matteucci e Pasquino, la parola potere, che "indica la capacità o possibilità di operare, di produrre effetti", si precisa poi, nella prassi sociale, come "capacità dell'uomo di determinare la condotta dell'uomo: potere dell'uomo sull'uomo" (Bobbio-Matteucci-Pasquino 1990, 838). Tuttavia l'obiettività concisa e lapidaria di una definizione di dizionario non è sufficiente a comprendere esaustivamente i significati del fenomeno 'potere': essa evidenzia solo il precipitato finale della metamorfosi del termine e non dice nulla, invece, sul mistero del suo mutamento. Soprattutto essa non coglie - anzi troppo frettolosamente le pone fra parentesi - le implicazioni e le radici sociali del fenomeno, laddove invece è proprio nel territorio di confine tra la società e l'individuo che si estende una landa deserta, una terra di nessuno, in cui si compie la terribile metamorfosi: lì la parola "potere" rivela gli scenari inquietanti di una sfida: "la sfida dei potenti". La definizione di Bobbio, Matteucci e Pasquino esprime un'idea del potere come connesso alle esigenze di controllo, di ordine, di organizzazione e gestione, connaturate nell'essere umano. Solo in virtù di queste esigenze e della capacità di soddisfarle, l'uomo ha potuto sopravvivere, fornendo risposte efficaci all'ambiente ignoto e ostile che lo circondava. Anche nell'ambito dell'analisi sociologica, la nozione di potere si è andata configurando come produzione di senso e come esigenza di ordine sul mondo; anzi, è proprio nei meccanismi della costruzione delle strutture sociali e dei loro processi d'influenza, che questo concetto positivo del potere ha avuto modo di esprimersi. Esattamente ciò che ha concettualizzato la psicologia sociale: la produzione di tante costruttive idee di potere e di controllo sulla realtà, di cui noi tutti, quotidianamente, abbiamo bisogno per organizzare la nostra esistenza. I teorici dei sistemi sociali, dai filosofi razionalisti del Seicento ai sociologi del XX secolo, hanno insistito nel definire qualsiasi sistema sociale come un aggregato regolato da leggi meccaniche o come un organismo retto da una sorta di "biologia sociale"; più recentemente se ne è parlato come di un flusso d'informazioni, uno scambio tra ambiente esterno e ambiente interno che modifica le regole di conservazione di ogni sistema. Al di là delle differenti prospettive, comunque, al centro delle riflessioni sul potere del sistema è sempre stato il sistema stesso, paragonato a un'entità soggetta a proprie leggi, non modificabili dalla volontà individuale, che da esso ne viene invece determinata e condizionata. Ognuno di noi può constatare l'onnipresenza del potere e la sua pervasività che informa ogni aspetto della vita individuale e sociale, dall'unità minima e primaria quale è la famiglia, alle nostre istituzioni più semplici come la scuola, fino ai sistemi più complessi, rappresentati dalle istituzioni politiche e giudiziarie, dal sistema economico e da quello religioso. Da sempre questo stato di cose ha partorito, per reazione, forme di contropotere e di controcultura, le cui voci, spesso, si sono modulate sugli assoli dei cosiddetti "grandi individui": le "grandi individualità" della storia. La storiografia più recente ha ricollocato nell'ambito culturale (o controculturale) di appartenenza i rappresentanti insigni del potere (o contropotere), sottolineando quanto questi in realtà fossero i portavoce di idee già presenti, che essi soltanto incarnavano ed esprimevano. Talvolta questa lettura ha giustamente ridimensionato il personaggio e depotenziato il titanismo romantico che circondava tante agiografie di piccoli e grandi potenti; talaltra, però, ha ingiustamente lasciato nell'ombra il carisma individuale di alcuni uomini che hanno contribuito alla distruzione di vecchi sistemi e alla creazione di nuovi. Un breve esame delle evoluzioni che ha subìto la figura dell’eroe può aiutarci a comprendere come lo stesso fenomeno 'potere' si sia trasformato. In un recente convegno, tenutosi ad Asti, sulla letteratura del coraggio, sono vivacemente emerse quelle moltitudini che, almeno simbolicamente, hanno "dettato" le leggi dei potenti: dai forti e impavidi eroi del Foscolo agli inetti di Svevo, ugualmente rappresentativi di un modus vivendi, dai combattenti epici e mitologici ai carismatici Che Guevara e Martin Luther King, fino al fumettistico Tex o Superman, i cuori delle masse hanno sempre anelato a riconoscere un’individualità che si facesse portavoce - nel dissenso e nel tormento - dei loro sogni amaramente traditi. Quello che più profondamente colpisce, nel seguire l'andamento di quest’evoluzione, è che, da qualche decennio a questa parte, l'“eroismo” è scaduto a mero significante di furbizia (chi meglio si destreggia nelle maglie di un vischioso sistema impersonale è 'eroe'!) o, all’opposto, di inettitudine (coloro che soccombono nella pratica, ma non si lasciano morire nell’anima). Lungi da noi l'intenzione di celebrare incondizionatamente il carisma individuale, vorremmo semplicemente restituire all'"eroe" il valore di un agire che, nel bene e nel male, ha inciso profondamente sul corpo sociale e sui sistemi politici: nel bene, come servizio reso alla collettività, nel male come impostura, finzione. Tenteremo di inoltrarci in quella "terra di nessuno" che si estende tra lo spazio dell'individuo e i luoghi del sociale, e cercheremo di ricostruire i possibili scenari, le probabili dinamiche delle sfide demiurgiche - oppure soltanto tragicamente ridicole - che i potenti hanno lanciato ai sistemi, alle società e a se stessi. L'elemento che, come vedremo, caratterizza la fenomenologia del "potente", è la sua capacità camaleontica che, nel mentre assorbe le impressioni dell'ambiente e ne sintetizza le peculiarità e le voci, se ne fa insieme portavoce e trasgressore. Ma l'intervallo di tempo del suo potere coincide inesorabilmente con la parabola della sua esistenza. Oltre i limiti cronologici del suo trionfo non può andare: la sua morte fisica, spesso, non lascia eredi immediati. Le singole personalità seguono dunque il breve tragitto di ogni vita: ascesa e declino coprono un lasso di tempo più o meno breve. Ciò che si ripresenta regolarmente, invece, è la figura archetipica del potente che, in tempi e luoghi differenti, riappare e reincarna, con cadenze più o meno regolari, con tratti ricorrenti e in contesti storico-culturali di crisi o di generale "debacle" della società e dei suoi valori, la soluzione finale. Questa ripetitività rende il rappresentante del potere, qualunque sia il suo volto, assai riconoscibile, anche se conoscerne la fenomenologia non è sufficiente a neutralizzarlo. "Storicizzare" il potere sarà uno dei tanti modi per smascherarlo, perché è proprio con delle "maschere", con dei "travestimenti", che si ha a che fare quando si percorrono a ritroso le tracce della sua ancestrale presenza nell'esistenza dell'uomo. Ed è proprio nella storia che il potere ha dimostrato una vocazione camaleontica, calandosi nei panni, negli scenari, nei linguaggi di coloro che, di volta in volta, si sono trovati a gestire gli strumenti necessari per la sopravvivenza e per la vita. Si sono susseguiti perciò, con varia fortuna, i padroni della terra, i padroni delle anime, i padroni delle macchine, i padroni del denaro. Essi - come scrive Piero Ottone - hanno formato e formano la classe che domina la società con la sua ricchezza e con i suoi privilegi, come in altri secoli la dominava l’aristocrazia militare e terriera, di cui sono gli eredi. Vivono, come gli aristocratici di un tempo, in maniera diversa dai comuni mortali: tengono la loro corte nelle ville di Cape Cod o della Foresta Nera, o in Palazzi di città, massicci opulenti, inaccessibili [...] Viaggiano in modo diverso dal nostro, su treni speciali, aeroplani, elicotteri, senza mai mescolarsi con noi [...] Sono circondati da ossequio e deferenza. La loro potenza è il denaro, incommensurabile quantità di denaro, che si tramanda di generazione in generazione, e assicura la continuità del loro status (come la grazia divina assicurava la continuità dei monarchi e dei loro vassalli) (Ottone 1985,10-11). Questa loro diversità si fonda sul mito della irraggiungibilità, dell'appartenenza a una "casta" di "separati"; mito alimentato e rafforzato dai mass-media, che costruiscono sui potenti vere e proprie saghe e leggende. Esse sembrano nutrire il famelico immaginario popolare, in cui questi nuovi "olimpi" si offrono come icone di un Eden eterno e intangibile. Eppure basta una breve disamina di quelle che sono le più evidenti debolezze dei potenti per capire che gli “allori” nascondono la beffa, e che dietro le sembianze di un forte si cela spesso un soggetto sofferente di una profonda sterilità psichica. Il legame perverso che si instaura tra chi domina e chi è dominato trasforma il potere in una sorta di malattia sociale. Sia ben chiaro, non intendiamo affermare tuot court l'equazione: potente = malato. Hitler, Stalin e gli altri personaggi che incontreremo non furono affatto dei folli come molti vorrebbero farci credere. La nostra indagine segue il percorso delle scienze umane e sociali, quindi, d’ora in poi useremo il termine malattia solo in senso figurativo per indicare una condizione abnorme che colpisce l'individuo e l’organismo sociale. Questo libro vuole contribuire a svelare, sulla scia di tanti altri studi di carattere storico-sociale, ciò che si nasconde dietro ogni forma di potere. Un viaggio che ci condurrà alla presa di coscienza della sua realtà effimera, sempre in bilico tra verità e finzione, tra gloria e caduta, e i cui protagonisti seguono un destino già segnato. Sin dalle prime pagine cercheremo allora di mettere in guardia da quella facile tentazione che è il potere, rivelandone le seduzioni e le maschere. I potenti costituiscono una galleria interessante di personaggi tragici e grotteschi. Emanano sicuramente il fascino sottile del "nichilismo", di quel sentimento decadente nutrito di autoassolvimento che ha contagiato tutti noi, figli di un secolo che si è aperto con le promesse e i festini della belle epoque ed è poi precipitato negli orrori di due ecatombi mondiali. I territori privilegiati del Potere, come la politica e l’economia, regolati da leggi ferree, sono popolati da personaggi patetici, che esercitano sugli altri un carisma enorme, non di rado fondato sull’evidente impostura di una presunta liceità e “normalità” del ruolo ricoperto. Scopriremo che l’inganno e la seduzione del potere si perpetuano attraverso codici linguistici non necessariamente basati sulla sopraffazione, l’abuso e l’esclusione, e che il dogmatismo, l'autoritarismo e la presunzione di possedere la verità assoluta hanno trasformato messaggi di salvezza e valori di giustizia in pura violenza. Persino il diritto, che per sua natura dovrebbe essere lo strumento per la riaffermazione della giustizia, è degenerato in un odioso sistema di potere. La seconda parte del lavoro vuole analizzare un altro aspetto della comunità umana: la spinta di ogni uomo verso la libertà. La libertà non è solo un desiderio che riposa nelle profondità del cuore umano, bensì è una forza irresistibile che ha permesso a milioni di persone di gridare il proprio “NO” agli oppressori. Dopo un breve viaggio sulle tracce di un destino che accomuna i potenti di ogni epoca, condannati a una inevitabile e misera fine, lanceremo anche noi la nostra “sfida”: una sfida giocata all’insegna della ragione, dell’ironia, della demistificazione. Lo sviluppo della cultura e di una nuova coscienza sociale potranno garantirci per il futuro dal pericolo sempre presente di rigurgiti totalitari, dal perpetrarsi di ataviche ingiustizie, perché, spesso, è proprio un tessuto sociale ignaro a legittimare i potenti e i loro abusi. Basterebbe riscoprire la bellezza di trovarsi di fronte all’immenso cielo della libertà per sconfiggere la paura; quella stessa paura che, nella nota novella di Pirandello, costringeva Ciaula a una vita disumana all’interno della buia ma sicura solfara.

Leggi la prefazione di Aldo Carotenuto

Le principali pubblicazioni:

Lo sguardo dell'innocenza (2005)
La giustizia imperfetta (1998) - prefazione - introduzione
Il fascino del potere (1999) - prefazione - introduzione
Pubblicazioni on-line
La responsabilità professionale del medico (2004)
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